Archeologia, recuperato altorilievo nei fondali di Agrigento

Pubblicato su QA – Turismo Cultura & Arte.

Autrice dell’articolo |  pubblicato il 12 Feb 2024


Si tratta di una grande struttura in pietra lavorata, riportata alla luce grazie a un’operazione congiunta della Soprintendenza del mare della Regione Siciliana e del parco archeologico della Valle dei Templi, con il nucleo Tutela patrimonio culturale dei Carabinieri di Palermo e il nucleo Carabinieri subacquei di Messina.

Il ritrovamento

Già nel 2000, era stata segnalata alla Soprintendenza di Agrigento la presenza di una “vasca litica” nel mare antistante la foce del fiume Akragas a circa 300 metri dalla costa e a 9 metri di profondità. Le rilevanti dimensioni del reperto (m. 2 per m. 1,6 e 35 cm di spessore), il fatto che fosse ben protetto e conosciuto da pochi, avevano indotto l’Amministrazione competente a non ritenerne urgente il recupero.
La vasca è stata comunque più volte documentata con foto e video, anche se sempre in condizioni di scarsa visibilità, fino a quando il Gruppo Subacqueo dell’Associazione BCsicilia guidato dall’ing. Gaetano Lino, ha pensato, all’inizio del 2022, che poteva essere utile la realizzazione di un rilievo tridimensionale misurabile della presunta “vasca”, per poterla osservare nella sua interezza, già prima del recupero, senza la velatura data dalla torbidità dell’acqua e dalla presenza di un significativo strato di vegetazione.

Il rilievo in 3D

Il rilievo tridimensionale è stato realizzato processando al computer i dati raccolti dalle oltre 200 fotografie scattate in situ.  Grazie a BCsicilia si è riusciti ad ottenere una sufficientemente chiara nuvola densa di punti (circa 10 milioni) che ha dato origine al modello digitale 3D misurabile.
Con grande stupore è apparso in maniera inequivocabile la forma di un cavallo rampante. Si tratta, come è stato scritto alla Soprintendenza, quasi certamente di un “altorilievo” probabilmente funzionale ai vari templi che sorgono nella “Valle”.
L’eccezionale notizia è stata tenuta in assoluto riserbo per la salvaguardia del bene culturale e immediatamente comunicata al Soprintendente del Mare, al fine di programmare il recupero di questo importantissimo rinvenimento.

Il Recupero

Dopo alcuni tentativi di recupero, ostacolati dalle cattive condizioni meteo, il reperto è stato portato in superficie grazie all’utilizzo di palloni di sollevamento.
Il pesante monolito è stato trainato con un mezzo nautico dei Carabinieri fino al molo del porto turistico. Da qui, con mezzi messi a disposizione dal Parco di Agrigento, l’altorilievo è stato collocato in una grande vasca realizzata nei laboratori di restauro per il necessario primo trattamento di desalinizzazione.
Il livello di conservazione è discreto ma occorrerà un’accurata opera di pulizia per rivelarne i particolari. In collaborazione con l’Università di Palermo, nelle prossime settimane, verranno condotte analisi di laboratorio per determinare la natura litologica e, possibilmente, la provenienza del materiale.

Scarpinato: “Tuteliamo i beni culturali sommersi”

Dopo 16 mesi dalla segnalazione del nostro Gruppo subacqueo finalmente l’eccezionale reperto  marmoreo è stato recuperato – ha affermato Alfonso Lo Cascio, Presidente regionale BCsicilia – Adesso auspichiamo nel più breve tempo possibile la pulitura, l’analisi e tutte le indagini necessarie per determinare natura, epoca e destinazione della grande scultura. Se l’ipotesi del particolare di un fregio del timpano del tempio di Zeus fosse confermata sarebbe uno straordinario regalo per Agrigento capitale della cultura 2025”.
“È ancora prematuro stabilire l’origine e l’utilizzo dell’altorilievo – ha dichiarato l’assessore ai Beni culturali e all’identità siciliana Francesco Paolo Scarpinato –. Soltanto un attento lavoro da parte degli archeologi e dei tecnici potrà svelare la natura del reperto, già al vaglio degli esperti. L’incessante attività della Soprintendenza nelle azioni di tutela dei beni culturali sommersi conferma, ancora una volta, l’attenzione rivolta alla storia celata nei nostri fondali e operazioni come questa aprono nuovi scenari per la ricostruzione del passato”.

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