Il documento in pergamena più antico degli Archivi di Stato italiani compie 1.301 anni

Pubblicato – e riportato con modifiche – su QA – Turismo Cultura & Arte 16/05/2022 Filomena Merola


Ha compiuto  il giorno 12 maggio 1.301 anni il documento su pergamena più antico d’Italia: la Cartula de accepto mundio. Il Ministero della Cultura celebra il prezioso documento, conservato all’Archivio di Stato di Milano, con un mini documentario che racconta la sua affascinante storia attraverso le parole del Direttore dell’Archivio, Benedetto Luigi Compagnoni. Un documento importante anche per la riflessione sulla condizione sociale delle donne nella storia e sulla lotta per l’emancipazione.
Anstruda era una giovane donna, analfabeta, che il 12 maggio 721 d.C. si reca dal notaio per firmare, con una X, “La Cartula de accepto mundio”. Nel diritto germanico una donna non era libera, ma su di lei pendeva il “Mundio”, un istituto di diritto con il quale una figura maschile deteneva il potere sulle persone e sulle cose appartenenti al nucleo familiare. Il “Mundio” spettava spesso al padre o al fratello della donna mentre, una volta sposata, tale autorità passava nelle mani del marito.
Anstruda però, donna povera ma libera, sposa un servo, un uomo di estrazione sociale più bassa che non può esercitare questo diritto. Firmando il documento, Anstruda si impegna ad essere sottoposta ai padroni del futuro marito per il resto della vita e, così facendo, si priva della propria libertà, riuscendo così ad assicurarsi una protezione.
Diversa è la condizione di Bianca Maria Visconti, duchessa di Milano, moglie di Francesco primo Sforza, altra donna protagonista dell’Archivio milanese e del documentario. Nel ricco e intarsiato “Codicetto di Lodi” sono presenti immagini che raffigurano Bianca Maria Visconti insieme al consorte inginocchiati in preghiera di fronte San Girolamo.
Le immagini dimostrano la ricchezza e l’autorità esercitata dalla donna che non accetta la posizione di sudditanza che la società del tempo le imponeva, ma che si fa ritrarre insieme al marito, sottolineando la sua condivisione e la partecipazione al potere.
Due storie diverse, che si intrecciano solo tra gli scaffali, ma che affondano le radici nel terreno comune della condizione subalterna della donna, della lotta per l’emancipazione e per l’affermazione della propria dignità quale persona.

Video online sul canale YouTube Ministero della Cultura, disponibile a questo link: https://youtu.be/XenGQhmgPRE.

Il mundio era esercitato dal mundoaldo, in genere un parente maschio della donna (marito, fratello, anche un figlio minorenne nel caso di una vedova); senza l’approvazione del mundoaldo, gli atti giuridici della donna non erano validi. L’istituto del mundio proviene dal diritto germanico che poneva la donna in condizione fortemente subalterna all’uomo; nell’editto di Rotari, col quale questo re mise sulla carta i principi del diritto longobardo, è ribadita l’impossibilità giuridica della donna di liberarsi dal mundio.

Un codice estremamente prezioso, ornato di oro e lapislazzuli, che dimostra la ricchezza e l’autorità esercitata da questa donna; una donna che non accetta la posizione di sudditanza che la società del tempo le imponeva, ma che si fa ritrarre insieme al marito, sottolineando la condivisione e la partecipazione al potere con il suo consorte.
«In tutti gli archivi del Mondo occidentale è possibile accedere alla documentazione, proprio perché gli archivi sono un sinonimo di libertà, di accesso del cittadino nelle stanze del potere», spiega il Direttore.

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