Il MiC al We make future 2021 studia nuovi modelli di business culturali

Si riporta, per il forte interesse, l’articolo pubblicato sul Il Sole 24 Ore

Al festival hanno partecipato circa 24mila persone dal vivo e online per seguire 100 eventi. Hanno esposto 43 espositori, tra cui il ministero e 45 startup per far dialogare innovazione digitale e cultura

di Giuseppe Cosenza  –

Stand Ministero della Cultura
Stand Ministero della Cultura Immagine tratta da Sole 24 ore

Non è una fiera, bensì un festival o una festa della ripartenza. Il We Make Future di Rimini chiude la sua IX edizione 2021 con numeri molto importanti e, soprattutto, vincendo le difficoltà che l’emergenza pandemica ancora impone. Tre giorni intensi che hanno visto partecipare, circa, 24mila persone, sia dal vivo che online distribuiti in maniera equa tra professionisti, imprese e utenti curiosi e interessati alle tante tematiche proposte nei 100 eventi che si sono succeduti sul palco principale e su quelli secondari. Tenendo conto delle difficoltà logistiche, normative e psicologiche causate dalla pandemia, i 43 espositori tra cui anche il Ministero della Cultura con un proprio stand, a cui si aggiungono 45 startup distribuite nello startup district, hanno potuto presentare le proprie soluzioni innovative e sfidarsi a colpi di pitch.

La storia e l’offerta

Il We Make Future Festival nasce come un evento di Web Marketing gratuito a Pizzo Calabro in provincia di Vibo Valentia, nel 2007, per poi diventare una festa dell’innovazione tecnologica, digitale e sociale in cui settori come l’Aerospaziale, la Robotica, si contaminano con l’Ambiente, l’Editoria, la Cultura, i Trasporti, il Digital Marketing e tanto altro. Secondo William Pollard, studioso inglese dell’Ottocento, “L’apprendimento e l’innovazione vanno mano nella mano. L’arroganza del successo è di pensare che ciò che hai fatto ieri sarà sufficiente per domani”. Seguendo tale insegnamento il We Make Future Festival ha offerto 60 sale formative dove si è parlato di Social Media Strategies, Design, Impatto sociale, Strategia Digitale, Startup, Crowfunding, Aerospaziale, Seo, Robotica, Intelligenza Artificiale, UX e Web Design e persino di Cinema con la prima edizione dell‘Innovation Film Festival, una vetrina dedicata a cortometraggi, incontri tra videomaker, produttori e distributori cinematografici ed eventi formativi, in omaggio al maestro Fellini.

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Pensare digitale nel patrimonio

In tale contesto insolito per il Ministero della Cultura, si colloca lo stand promosso dall Istituto centrale per la digitalizzazione del patrimonio culturale – Digital Library, in collaborazione con il Segretariato Generale del MiC che nei tre giorni del festival ha ospitato numerose iniziative di musei e di istituzioni culturali. Il 15 luglio è stato presentato il progetto “HoloMuseum a Castel del Monte” che ha proposto un’esperienza di tour virtuale, grazie ai visori olografici Microsoft HoloLens 2. Sempre lo stesso giorno il Museo Archeologico Nazionale di Napoli MANN ha proposto un’esperienza immersiva con gli Smart Glasses, della mostra “Gladiatori” in corso a Napoli fino al 6 gennaio 2022. Il 16 luglio è stata la volta del progetto Remiam, a cura della SABAP di Napoli e dell’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli. Attraverso gli Oculus è stata proposta un’esperienza cinematografica virtuale con protagonisti la cittadella monastica del Suor Orsola Benincasa e la cappella di Santa Maria Assunta Pignatelli. La Direzione Generale Archivi ha presentato Il Portale Antenati, una rinnovata consultazione del sito per conoscere la genealogia della propria famiglia. Nei due giorni è stato presente il robot Pepper che ha fatto conoscere al pubblico curiosità e aneddoti sul Palazzo Reale di Genova ed è stato proiettato il video: La piattaforma WebGis delle superfici pavimentali, musive e marmoree del Parco archeologico del Colosseo, presente su Youtube. In parallelo sul palco dello startup district sono state premiate le startup vincitrici del concorso Artathlon, promosso dalla Direzione Generale MuseiEY Invitalia: Museo Aperto, creato dalla startup Skylabs e Museo Zeta delle startup Artrights e Lieu.city. Il 17 il Museo Archeologico Nazionale di Taranto MArTA ha presentato il progetto “Past for future” di cui Arteconomy24 si è già occupato in passato e l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale ha offerto una visita immersiva di “La Festa in tasca”, una visione immersiva in VR che fa rivivere le principali feste popolari italiane. Per Arteconomy24 abbiamo provato l’applicazione ed è stato bello ascoltare il suono delle campane ad opera di un campanaro virtuale. Gli eventi si sono conclusi con “Estense Digital Library”, un progetto che coinvolge la Biblioteca Estense Universitaria di Modena con oltre 800.000 pagine di manoscritti, libri rari e spartiti musicali digitalizzati e con “Tourer”, una mappa interattiva del patrimonio culturale regionale censito dal Segretariato Regionale dell’Emilia Romagna.

I giovani a un passo dalla cultura

Le iniziative hanno avuto un grande successo tra i giovani che hanno provato vari devices. Abbiamo intervistato Laura Moro, direttrice dell’Istituto Centrale per la Digitalizzazione del Patrimonio Culturale – Digital Library per comprendere meglio i motivi della presenza per la prima volta del MiC a un festival dell’innovazione. Il primo motivo, e forse quello principale, è capire come si sta orientando il mercato dei servizi digitali a 360 gradi perché il MiC vuole inserirsi in questo mercato in modo più strutturato di come è stato fatto finora. Il Patrimonio Culturale necessita di servizi digitali innovativi, soprattutto, rivolti al grande pubblico e non solo a un ristretto numero di specialisti. «Lo stand al We Make Future Festival rappresenta un progetto pilota perché il MiC si inserisce in un contesto diverso dalle tradizionali fiere di settore e, tale presenza è finalizzata ad apprendere le trasformazioni tecnologiche e a capirne le principali applicazioni alla cultura» spiega Laura Moro. È stato interessante apprendere come si muovono le startup e quali sono i temi su cui investono. «La trasformazione auspicata dal MiC va nella direzione dell’Open Government, dell’Open Access, dello Smart Heritage e della Digital Experience, i concetti chiave del prossimo Piano nazionale di digitalizzazione del patrimonio culturale» conclude Moro.

Dunque, non solo una tecnologia per stupire, ma anche per fornire al cittadino più servizi digitali e più possibilità, come ad esempio banche dati che mettono al centro l’utente e non il patrimonio. Si vogliono creare servizi digitali sostenibili con modelli di business digitali che creano valore e con un equilibrio economico-finanziario duraturo nel tempo. La cultura ha bisogno di modelli di business dedicati, ma per crearli ci sono delle precondizioni, bisogna costruire le infrastrutture digitali e rendere i dati accessibili, strutturati e aperti e lo si farà con i fondi del PNRR secondo la tempistica dettata dall’UE. Il MiC sta studiando nuovi modelli di business per superare la logica del pubblico come mero cliente per andare nella direzione di una collaborazione più stringente con il privato. Il prossimo appuntamento è al LUBEC 2021 e sarà incentrato sul tema dell’educazione al digitale con workshop e momenti formativi, in collaborazione con la Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali. Saranno realizzati dei tavoli di discussione sul digitale con i visitatori presi in maniera casuale, per approfondire tali temi. Per il Patrimonio Culturale è il momento di uscire dalla fase della sperimentazione per entrare nella fase di maturità. È il momento di crescere.

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