La lezione dell’Europa sul libero riuso delle immagini (da Wikimedia)


Mentre il settore della cultura italiana stava ancora ingoiando il boccone amaro o dolce (a seconda delle preferenze) delle controverse “Linee guida per la determinazione degli importi minimi dei canoni e dei corrispettivi per la concessione d’uso dei beni in consegna agli istituti e luoghi della cultura statali” del Ministro della cultura Sangiuliano, che rafforzano un diritto d’autore sui generis su opere d’arte di proprietà pubblica nel pubblico dominio, è sopraggiunta la famosa sentenza sul David di Michelangelo a creare scompiglio.

In un quadro già sufficientemente confuso, tra i dettami dell’Unione Europea ispirati all’ideale della riproduzione libera di “opere non soggette al diritto d’autore o diritti connessi” (articolo 14, Direttiva (UE) 2019/790) e l’atteggiamento protezionistico dell’amministrazione italiana che non sembra negare che con i beni culturali (in tutte le versioni) voglia far cassa, la sentenza del David introduce nuove prospettive. Per la precisione l’autorità giudicante facendo anche ricorso alla tutela civilistica del diritto all’immagine della persona, positivizzato all’articolo 10 del Codice Civile, ha sostenuto il configurarsi di “un diritto all’immagine del bene culturale”. Secondo il Tribunale fiorentino sarebbero “titolari del potere di invocare la tutela dell’immagine del bene stesso, sia i titolari del diritto di utilizzazione del bene, sia i titolari dei diritti di sfruttamento economico dello stesso”. Si tratta di una considerazione che non era stata ancora fatta in simili sentenze o ordinanze, la cui introduzione potrebbe denotare l’insufficienza delle argomentazioni tradizionali in arsenale.

Mentre questo accade in Italia, che cosa succede nel resto d’Europa? Spostando lo sguardo all’interno dell’Unione Europea, la normativa appare ancora lontana dall’essere armonizzata, sebbene nel Considerando 53 della menzionata Direttiva UE si leggeva proprio la preoccupazione per le differenze tra le diverse legislazioni a discapito della certezza del diritto. Le regolamentazioni in essere oscillano come un pendolo tra sistemi di liberismo e altri di protezionismo.

Il caso della Francia

In Francia, in base al Code duPatrimoine, L. 621-42, “l’uso a fini commerciali dell’immagine di immobili che costituiscono il demanio pubblico, su ogni supporto, è sottoposta all’autorizzazione preventiva di chi ha in gestione il patrimonio nazionale…” e “l’autorizzazione può prendere la forma di un atto unilaterale o un contratto sottoposto o meno a condizioni finanziarie”. Con la legge 7 luglio 2016 si è inoltre disposto il pagamento eventuale per il rilascio delle immagini per usi commerciali.

Invece, per le opere nel dominio pubblico, collocate all’interno dei musei, un dossier del 2019 della Corte dei Conti francese ha chiarito come sia affidata alla “Riunione dei Musei Nazionali e del Grand Palais des Champs-Élysées (RMN-GP) la missione di costituire una fototeca riunendo le riproduzioni fotografiche delle collezioni statali affidate alla custodia dei musei nazionali (…) e di assicurarne la conservazione, la valorizzazione e la diffusione digitale” (Decreto n. 2011-52 del 13 gennaio 2011). È pertanto concesso alla RMN-GP “un monopolio di gestione, quindi di distribuzione commerciale e gestione dei diritti, su tutte le fotografie relative alle collezioni museali”, anche se si riconosce la “concorrenza molto agguerrita [di enti privati di distribuzione delle immagini di beni pubblici] in un mercato che, con sempre maggiore facilità per accesso e distribuzione, resa possibile da Internet, si è aperto su scala globale”. Si capisce quindi come il monopolio di RMN-GP non impedisca alle agenzie concorrenti di mantenere database fotografici di opere delle collezioni francesi e commerciarle.

La differenza di Olanda e Germania

In Olanda, il Rijksmuseum mette a disposizione (libera) del pubblico immagini in alta qualità e scattate da professionisti delle opere dei musei. Un approccio simile a quello adottato in Germania, che condivide una strategia in linea con “il progetto nazionale ed internazionale e le iniziative volte ad accrescere la visibilità dei beni culturali conservati nei musei” di cui parla anche il sito dei musei statali di Berlino. In Germania, per le opere fuori dal diritto d’autore e nel pubblico dominio non sono previste limitazioni. Le opere nel pubblico dominio nelle collezioni pubbliche dei musei tedeschi possono essere: “condivise, rielaborate, nonché utilizzate per ogni finalità: scuola, ricerca, insegnamento, pubblicazioni e usi commerciali”. L’unica richiesta è quella di accompagnare il riferimento alla licenza CC-BY-SA e al nome dell’autore.

Promozione vs. Controllo in Europa

Mentre l’Italia è il primo Paese a introdurre il nuovo concetto di “diritto all’immagine di un bene culturale” arroccandosi nelle sue posizioni protezionistiche, i nostri vicini europei ci insegnano che, benché i punti di vista non siano univoci, esiste una forte tensione verso la liberalizzazione. Le argomentazioni favorevoli e contrarie sono sempre le stesse, nei piatti della bilancia dello Stato ci sono, da un lato, tesi pro libero-riuso come: la promozione culturale e turistica e l’educazione al patrimonio nazionale di un paese, mentre dall’altro lato si trovano quelle ragioni di natura economica, ragioni di ‘controllo’ e spesso anche ‘controllo’ camuffato come ‘decoro’ per un riuso oneroso delle immagini.

Rimane il fatto che questo approccio conservativo – mentre il mondo si interroga sull’intelligenza artificiale, la realtà aumentata e le nuove prospettive offerte dalla tecnologia – persevera ancora nel trattare il patrimonio culturale mobile e immobile come se Internet non fosse entrato da decenni nelle nostre vite, per cambiarle.

Giuditta Giardini

Avvocata, dal 2019 lavora come consulente per l’Antiquities Trafficking Unit presso il Manhattan District Attorney’s Office. È anche dottoranda dell’Università Cattolica di Milano, nel 2019 ha ottenuto un LL.M. presso la Scuola di Legge della Columbia University. Ha lavorato per Unidroit sulla Convenzione dell’Unidroit del 1995 sui beni culturali rubati o illecitamente esportati. Nel 2017 ha fatto parte della delegazione di Unidroit al primo G7 Cultura. Scrive regolarmente per ArtEconomy24 del Il Sole24Ore; è membro di ICOM Italia e dell’European Law Institute (ELI).

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Immagine: De roof van Europa Rijksmuseum SK-A-4967, di Nicolaes Verkolje, Public domain, attraverso Wikimedia Commons

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