Pubblicato da Agenzia di Stampa CULT
La completa scomparsa di chimici, fisici, biologi, geologi, diagnosti negli Istituti centrali del Ministero della Cultura, ma anche nelle pochissime Soprintendenze dove fino ad alcuni anni fa erano presenti, comporterà il mancato trasferimento e la perdita delle specifiche conoscenze costruite negli anni determinando così un gap generazionale di professionalità, nonché lo smantellamento di questi Istituti e, di fatto, l’abbandono di un indirizzo culturale e metodologico che ha reso l’approccio italiano alla conservazione ed al restauro un riferimento internazionale per la tutela del patrimonio culturale. E’ l’appello che i “funzionari scientifici” del MiC lanciano attraverso una lettera aperta a pochi giorni dalla pubblicazione del concorso ministeriale per 518 posizioni da funzionario “ignorando ancora una volta” queste figure professionali. A Roma, precisa Giancarlo Sidoti ad Agenzia CULT, ne restano ancora sei e tre a Firenze sui 70 che prestavano la loro opera vent’anni fa, di diagnosti ne restano una decina dei cento che erano presenti nelle Soprintendenze. Tra loro il più giovane ha 53 anni, ma la maggior parte sono ormai prossimi alla pensione e “per il bene del ministero è necessario trasferire le loro competenze che altrimenti andranno perse”.
Secondo Cesare Brandi, specialista nella teoria del restauro, il restauro è il “momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte nella sua consistenza fisica e nella sua duplice istanza storica ed estetica in vista della sua trasmissione al futuro”, quindi è il momento della conoscenza, della ricerca storica, analitica, tecnica e costitutiva. Momento in cui l’opera d’arte viene conosciuta e ‘riconosciuta come tale’, con il fine di conservarla per le future generazioni e di valorizzarla.
L’approccio su cui sono fondate le parole riportate, ancora attuali, costituisce una delle pagine storiche più rivoluzionarie dell’Italia, quelle della metodologia e della formazione sulle quali vertono e sono stati creati gli storici istituti di ricerca del Ministero della Cultura (MiC): l’Istituto Centrale per il Restauro, l’Opificio delle Pietre Dure e l’Istituto di Patologia degli archivi e del Libro, Istituti di ricerca e di formazione per i restauratori ai sensi dell’art. 29 del D.Lgs 42/2004, il Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio.
Dalla fondazione di questi Istituti, i chimici, i fisici, i biologi, i geologi e, in seguito, anche i diagnosti hanno quindi lavorato a stretto contatto con i restauratori, gli storici, gli archeologi, gli architetti etc., affrontando i molti problemi conservativi e di restauro del nostro vastissimo, complesso e diversificato patrimonio culturale, creando una ”memoria storica” e un prezioso bagaglio di conoscenze che deve essere tutelato e trasmesso alle generazioni future.
Questa “memoria storica” e questo prezioso patrimonio di saperi condivisi è la linfa vitale con la quale questi tre istituti hanno formato, e ancora oggi formano, i futuri restauratori.
Le procedure concorsuali indette dal 1998 in poi hanno lasciato fuori figure professionali fondamentali nel funzionamento degli istituti centrali. “I laboratori scientifici di questi Istituti di ricerca e formazione, creati nella prima metà del secolo scorso, sono nati con la fondazione degli Istituti stessi sulla base di un’idea totalmente innovativa: costruire un metodo scientifico di approccio alla conservazione e al restauro e formare i futuri restauratori attraverso un apporto multidisciplinare e uno scambio continuo di conoscenze, reso possibile dalla coesistenza di diverse professionalità che operano nello stesso luogo di lavoro”.
Le Scuole di Alta Formazione e Studio, che rilasciano un titolo di laurea equipollente alla Laurea Magistrale in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali (LMR/02), costituiscono infatti un riferimento nazionale ed internazionale per l’impostazione metodologica multidisciplinare sopradescritta. Questa impostazione vede le materie storico-artistiche affiancate a quelle scientifiche, i cantieri e i laboratori di restauro affiancati alle attività dei laboratori scientifici, la didattica in aula affiancata alla didattica sul campo.