(articolo di Valentina Porcheddu del giorno 4 aprile 2021 tratto da IL MANIFESTO)
Il 26 settembre 1976, a Parigi, la Guardia repubblicana sull’attenti accolse le spoglie di un antico capo di Stato. Si trattava della mummia di Ramses II, trasportata dal Cairo con un volo militare e dotata di uno speciale passaporto, rilasciato per la prima volta a un re defunto.
Al Grand Palais era allora in corso un’esposizione in onore del «mitico» sovrano della XIX dinastia, figlio di Sethy I, il cui regno durò per oltre sessant’anni (1279-1213 a.C.). Durante il soggiorno in Francia, la mummia fu sottoposta a un restauro che, al Musée de l’Homme, impegnò centodieci specialisti.
Sette mesi dopo il faraone – liberato dagli organismi nocivi che proliferavano tra le sue bende – tornò in terra egiziana, abbigliato con un drappo ricamato in oro donato dal Louvre e omaggiato dal presidente Anwar al-Sadat. Ieri, la mummia di Ramses II ha intrapreso un altro viaggio, verso una nuova dimora.
È stata infatti trasferita dal novecentesco Museo Egizio di Piazza Tahrir al Museo Nazionale della Civiltà Egizia (Nmec), inaugurato per l’occasione dal presidente Abdel Fattah al-Sisi nel corso di una cerimonia intrisa di nazionalismo e dai risvolti kitsch, alla quale ha preso parte anche la direttrice generale dell’Unesco Audrey Azoulay.
Situato nella parte antica del Cairo, nell’area archeologica di al-Fustat che domina il lago Ain El-Seera, il Nmec presenta la civiltà egizia dalla preistoria all’epoca contemporanea, attraverso un approccio multidisciplinare volto a valorizzare il patrimonio materiale e immateriale del paese.
Il percorso si articola in sei gallerie tematiche: l’alba della civiltà, il Nilo, la scrittura, lo Stato e la società, la cultura materiale, le credenze e il pensiero. A queste si aggiunge la galleria delle mummie reali, che ospiterà oltre a Ramses II, altre ventuno figure emblematiche dell’antico Egitto.
Tra quelle appartenenti alla XIX dinastia, Sethy I (1290-1279 a.C.) – il cui tempio funerario ad Abydos conserva una delle poche liste reali giunte fino a noi – e Merenptah (1213-1203), uno dei re che sconfisse i Popoli del Mare; per la XVIII dinastia, Amenhetep II (1425-1397 a.C.), faraone dalle notevoli doti atletiche e Thutmose IV (1397-1388 a.C.), che fece restaurare la Sfinge di Giza ed erigere ai suoi piedi la «Stele del Sogno».
A raggiungere la nuova destinazione, anche tre figure femminili della XVIII dinastia: Ahmose Nefertari, Grande Sposa Reale e sorella del faraone Ahmose I, Hatshepsut (1478-1458 a.C.), la regina/faraone che morì a causa di un tumore osseo, e Tiye, Grande Sposa Reale di Amenhetep III, identificata grazie a una ciocca di capelli rinvenuta nella tomba KV62.
Trasportati in cassoni contenenti dell’azoto all’interno di carri funebri «personalizzati» con il nome del faraone o della regina, che ricordano vagamente la forma di un carrarmato provvisto di bandierine, i delicati reperti hanno guadagnato il Nmec dopo aver sfilato per il Cairo in una magnificente parata in stile Las Vegas.
Secondo il noto egittologo egiziano Zahi Hawass le mummie saranno finalmente esposte a scopo didattico e non sensazionalistico, favorendo un approccio meno macabro che in passato. Colpisce che a rilasciare questa dichiarazione sia un personaggio fortemente criticato per la sua gestione delle antichità egiziane, ritenuta autocratica tanto da fargli guadagnare il soprannome di «faraone», e per i suoi documentari esclusivi venduti al National Geographic.
Hawass, molto vicino all’ex presidente Hosni Mubarak, è stato anche accusato di complicità nel saccheggio del Museo egizio avvenuto durante le rivolte di Tahrir del 2011.
La propaganda archeologica di regime sembra insomma riprendere in pompa magna con questa golden parade che punta a riattrarre in Egitto il turismo occidentale di massa con un’offerta museale rinnovata, che e potrà contare prossimamente anche sul Gem, il Grande Museo egizio di Giza.